Le opportunità della stampa digitale nell’Industrial Printing

Come sta cambiando il mercato dell’Industrial Printing? Quanto impatto ha la tecnologia digitale? Quali sono le problematiche con cui stampatori e fornitori si devono confrontare? Ne abbiamo parlato con Paul Adriaensen, PR Manager Agfa Graphics; Fabio Colombo, Business Manager Brand Enhancement e Automotive Luxoro; Paolo Lorusso, Titolare P&P Promotion; Roberto Posarelli, Presidente Esanastri.

Una delle grandi caratteristiche dell’Industrial è sempre stata la richiesta di grandi volumi. Questo sta però cambiando drasticamente.

La diversificazione dei siti produttivi operata da molti grandi marchi si ripercuote su noi stampatori, che in poco tempo dobbiamo fare i conti con tirature che passano da centinaia di migliaia di pezzi mese a decine di migliaia”, spiega Roberto Posarelli. “Bilanciare cose del genere, pur con tutta l’innovazione e la buona volontà possibili, non è impresa facile.”

Anche per Paolo Lorusso questo aspetto rappresenta uno dei trend del momento, anche se ricorda che “alcune grandi commesse fortunatamente resistono”. Tuttavia anche queste sono cambiate rispetto al passato, in quanto ora “il cliente vuole vedere immediatamente il prodotto finito, decidendo sulla base della prototipazione se procedere o meno”.

A fargli eco Fabio Colombo, che spiega: “I designer oggi richiedono con sempre maggior frequenza effetti o materiali sempre più particolari. Di fronte a simili richieste la prototipazione diventa fondamentale per capire subito se l’effetto o il materiale utilizzato è quello voluto”.

In diversi settori del mondo industrial la capacità di realizzare questi effetti e di utilizzare materie sempre più particolari sta diventando un prerequisito per l’ingresso in questi settori. Una chiave per arrivarci è fornita dalle tecnologie digitali che, come ricorda Posarelli, “aprendoci le porte di nuovi mercati, ci permettono di controbilanciare il calo di volumi nel tradizionale”.

La domanda a questo punto nasce spontanea: conta di più essere specializzati in determinate lavorazioni o allargare il proprio portafoglio d’offerta?

Per Posarelli “la specializzazione è la base di tutto” in quanto un calo di qualità dello stampato viene avvertito immediatamente dal cliente. Tuttavia innovare è egualmente fondamentale, altrimenti si perde un terreno che poi diventa difficilmente recuperabile.

Paul Adriansen sottolinea che esiste una differenza fra decoration e industrial. Essere specializzati nella stampa su un determinato materiale non vuol dire essere attivi nel campo dell’industrial printing. Nel momento in cui quel segmento dell’offerta acquisisce una certa costanza e cresce in volumi allora ci si sta avviando verso un’industrializzazione del processo, che può diventare a tutti gli effetti parte integrante dell’industrial printing quando i volumi hanno raggiunto o superato una certa soglia. Per esempio decorare tramite stampa una porta non è industrial, è decoration; farlo tremila volte al giorno è ormai industrial. Addirittura, estremizzando il discorso, è possibile a un certo punto passare dalla decorazione industriale alla realizzazione da zero del prodotto, offrendo qualcosa che a quel punto comprende la stampa ma non è più stampa.

Dal canto suo Paolo Lorusso afferma di “sentirsi un decoratore” e che quello che la sua specializzazione offre è la ricerca “della preziosità, della stampa specialistica”. In questo senso lo stampatore specialistico deve mantenere questa sua unicità, perché è quella che gli permette di distinguersi, di offrire quel valore aggiunto che rende particolare un prodotto.

Fra le questioni che stampatori e fornitori affrontano ogni giorno c’è quella di far conoscere ai loro clienti le possibilità offerte dagli sviluppi tecnologici e dalle nuove lavorazioni. Per Fabio Colombo questo è un aspetto fondamentale, al punto che la distinzione fra decoration e industrial tende ad avere dei confini labili, che mutano secondo le richieste del cliente finale. Spesso la soluzione per far sì che quest’ultimo abbia una precisa idea di quel che si può realizzare è quella di “presentare prodotti e tecnologie direttamente ai clienti dei nostri clienti perché è l’unico metodo che abbiamo per garantire che questi siano informati”.

Chiudiamo tornando a una questione toccata all’inizio, quella della diversificazione dei siti produttivi, e al suo rapporto con il digitale e il cosiddetto mercato di prossimità. La situazione attuale, se da un lato col calo dei volumi ha messo in difficoltà molti stampatori, dall’altro punta sempre più a un just-in-time che può rappresentare un’opportunità. I grandi marchi che hanno spostato molti siti produttivi in Oriente possono incorrere in un problema dovuto alla distanza: un risparmio sul processo di stampa può essere annullato dai costi di trasporto e immagazzinamento. La valorizzazione della produzione locale permette di annullare questi problemi grazie al digitale, che offre quella rapidità di stampa che fa la differenza. Come ricorda Adriansen, “dal punto di vista del cliente che il lavoro sia stampato in Cina o a quattro isolati di distanza è indifferente, quel che conta è in quanto tempo potrà avere in mano il risultato finito. Lì si gioca la vera partita”.