Digitalizzazione della PA: Italia a passo troppo lento
“La Pubblica Amministrazione italiana è in forte ritardo sul fronte della digitalizzazione. La spesa continua calare, si investe sempre meno e permane una frammentazione nell’uso e nell’allocazione delle risorse che non consente di fare sistema. Troppe iniziative sono annunciate e tardano ad essere avviate. I vincoli di bilancio sono noti, ma non si interviene ancora sulla tipologia della spesa, superando i tagli lineari. Non si guarda alla spinta che potrebbe dare la collaborazione pubblico-privato in chiave di project financing. Pur riconoscendo gli sforzi che sono stati fatti, bisogna rendersi conto che è necessario fare di più, meglio e in tempi più brevi.” E’ quanto ha affermato Elio Catania, Presidente Assinform, alla presentazione del 2° Osservatorio Assinform sull’ICT nella Pa, avvenuta a Roma alla presenza di Francesco Caio (Coordinatore Agenda Digitale), Domenico Casalino (AD Consip), Agostino Ragosa (DG Agenzia per l’Italia Digitale), l’On.le Paolo Gentiloni e di Linda Lanzillotta (Vicepresidente del Senato). Il Ministro Beatrice Lorenzin ha fatto pervenire un suo messaggio scritto per l’importanza che riveste l’Agenda Digitale nella Sanità.
Le principali evidenze dell’Osservatorio – l’indagine realizzata da Assinform con NetConsulting e Netics, il sostegno di Dedagroup, InfoCamere, Postecom, Telecom Italia e la collaborazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale e Consip – sono chiare.
La spesa ICT complessiva della PA Centrale e Locale tra 2007 e 2013 mostra un calo medio annuo prossimo ai 3 punti percentuali, addirittura del 4,3% nel 2012, quando è risultata pari a 5.422 milioni di euro al netto delle spese per il personale e dell’IVA. In più è cresciuta la quota della spesa corrente sulla spesa complessiva, a scapito di quella per investimenti. Quest’ultima, è scesa nel 2012 nella PA Centrale al 40,5% per l’IT e al 14,3% per le TLC, nelle Regioni rispettivamente al 26% e al 18,1%, nei Comuni e nelle Province a quote ancora inferiori (compresi tra i 12,5% e il 14% e tra il 9% e il 7%); unica eccezione il settore della Sanità in controtendenza. Il livello di integrazione applicativa e delle basi dati risulta ancora modesto, con gli Enti della PA Centrale (PAC) che nel 58% dei casi non hanno basi dati integrate con gli altri Enti della PAC e nel 90% dei casi con le Amministrazioni Locali. E questo trova anche riscontro nell’elevata frammentazione dei data center: ben 4.000 su tutto il territorio italiano, con conseguenti duplicazioni di basi informative, spreco di capacità di elaborazione e problemi di interoperabilità e standardizazzione. E se è vero che importanti progressi si sono fatti sul fronte dei servizi on line ai cittadini e alle imprese, resta il fatto che manca una visione integrata nell’erogazione dei servizi, ancora spesso limitata al download della modulistica da compilare. Eccezioni ed eccellenze esistono per alcuni Enti, come Inps e Agenzia delle Entrate, mentre a livello Locale nei Comuni, l’utilizzo online supera il 50% delle pratiche totali solo per sport, cultura e pratiche edilizie.
“Gli investimenti per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione devono avere assoluta priorità nell’Agenda politica del Governo per tre ragioni fondamentali. La prima è che essi sono l’unica leva concreta per aumentare l’efficienza e il valore aggiunto creato dalla PA senza distogliere le risorse dalle iniziative di rilancio dell’economia; la seconda è che essi sono il motore di cui necessitiamo per indurre la digitalizzazione del Paese attraverso gli standard dei servizi evoluti a cittadini e imprese; la terza è che tali investimenti, in una fase di mancata crescita dell’economia, sono essenziali per la vitalità e lo sviluppo di un’industria, qual è quella dell’ICT, di assoluta rilevanza strategica per il nostro Paese. Ben vengano le tre priorità individuate nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana (identità digitale, anagrafe unica e fatturazione elettronica) purché si metta una marcia in più e soprattutto si passi dalle Agende ai progetti esecutivi con responsabilità chiare e tempi attuativi ben identificati”, ha concluso il Presidente di Assinform.
L’Osservatorio offre molti altri spunti di riflessione. Per la dotazione tecnologica emergono una buona diffusione degli strumenti base (PC, accessi Internet, strumenti di sicurezza informatica) in tutte le Amministrazioni e una copertura applicativa oramai quasi totale per le funzioni interne (es: contabilità, gestione del personale, controllo e similari) sia a livello centrale che locale. Per contro spiccano un’infrastruttura hardware datata e un’anzianità marcata per le applicazioni nei Comuni (oltre il 35% di esse non ha aggiornamenti significativi successivi al 2009); una copertura ancora bassa delle aree di interazione con l’esterno (contratti, bandi e concorsi, URP lo sono per il 50%/60% per centro degli Enti Centrali; URP, servizi sociali per non più del 35%/45% dei Comuni,ecc.). E soprattutto, spiccano: la scarsa interoperabilità dei sistemi della PALocale (spesso non connessi al Servizio Pubblico di Connettività) fra essi e con quelli della PACentrale; e la frammentazione dei sistemi anche all’interno degli Enti regionali e centrali, dove permane una logica basata su silos non integrati, con conseguenti inefficienze e inutilizzi di risorse.
La rilevazione del livello di digitalizzazione degli enti nella gestione dei processi interni e nelle relazioni con le altre Amministrazioni e i soggetti esterni (imprese e cittadini) mostra una crescita lenta, con ritardi su molti fronti (PEC, Conservazione sostitutiva, firma digitale).
Per quanto riguarda le aree di investimento 2013 – 2014, le priorità della PA Centrale sono oggi sulla razionalizzazione dell’infrastruttura IT (100% del enti), il rinnovo e l’estensione di applicazioni (con punte del 52% per le “verticali”) e il rinnovo degli apparati TLC (circa il 50% degli enti). Per le Regioni il panorama è analogo. Per i Comuni e le Province guida ancora la razionalizzazione dell’infrastruttura IT (rispettivamente 61% e 53% degli enti), seguita dal potenziamento delle reti wi-fi (Comuni 35,3%) e delle connessioni di rete (Province 28%). Per la Sanità guidano l’integrazione applicativa e poi l’estensione delle applicazioni negli ambiti clinici e ambulatoriali nel caso di ASL e AO, e tutto quanto ruota attorno a CUP e Fascicolo Sanitario Elettronico nel caso delle Regioni.
Nei servizi online, già si è visto che nella PA Centrale prevalgono ancora i servizi informativi e lo scaricamento di moduli, mentre nei Comuni, l’utilizzo supera il 50% delle pratiche totali solo per Sport e Cultura e Pratiche Edilizie. Sono state distribuite quasi 21 milioni di Carte Regionali dei Servizi (CRS, nella maggior parte dei casi integrate con la tessera sanitaria) abilitanti l’accesso ai servizi on line, ma solo un quarto di esse è usato per usufruire online dei servizi messi a disposizione dalle Regioni. Nella Sanità 3 regioni offrono online la scelta e la revoca del medico, e sempre 3, ma diverse dalle prime, la prenotazione di prestazioni. Nella maggior parte delle regioni gli stessi servizi sono fruibili solo presso parte delle ASL/AO.
I pagamenti elettronici risultano ancora poco utilizzati (ad eccezione delle multe: il 50% delle sanzioni viene pagato da web), soprattutto dai cittadini. Anche in ambito sanitario, la situazione è simile: il 69% delle ASL non offre la possibilità di pagare i ticket online.
Per quanto riguarda gli ambiti sui quali dovrebbe agire a breve l’Agenda Digitale Italiana si sono rilevati sviluppi spontanei di segno opposto. Sul fronte della Sanità Elettronica 18 Regioni presentano un’Anagrafe Unificata operativa e funzionante (in fase di completamento Lazio, Calabria, Sicilia), il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è pienamente operativo in 4 Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Provincia Autonoma di Trento) e in 12 è in fase sperimentale.
In ambito Smart City, i progetti sono un centinaio, in capo principalmente ai Comuni medio-grandi (il 63% dei Comuni oltre 100.000 abitanti ha in corso o prevede un Piano Smart City). Le principali aree di intervento riguardano la mobilità e l’efficientamento energetico. Ma c’è di tutto, e la scarsità di risorse impone alle Amministrazioni Locali di ricorrere a fonti di finanziamento regionali, statali e comunitarie (solo nel 40% dei casi i Comuni riescono a finanziare parte dei progetti con risorse proprie).
in tema di Open Data (apertura del patrimonio informativo pubblico) le iniziative sono ancora parziali. Gli Enti che ad oggi hanno pubblicato dati in formato aperto, su datastore propri o di altre Amministrazioni, risultano essere il 36,9% degli Enti Centrali, il 17,8 % dei Comuni, il 40,6% delle Province.
Il Cloud Computing non mostra ancora gli effetti dei piani governativi di razionalizzazione dei CED pubblici, che dovrebbero concorrere ad una sorta di grande cloud pubblico federato (G-Cloud, obiettivo già di molti paesi europei). Intanto, il 50% degli Enti Centrali dichiara di adottare/prevedere l’utilizzo di servizi cloud, ma solo il 20% lo fa oggi e solo per talune funzioni; il 43% delle Amministrazioni Regionali dichiara di aver già adottato o prevede di adottare entro fine 2013 servizi cloud erogati principalmente nelle società ICT di loro controllo; oltre l’80% degli Enti Locali (Comuni e Province) non prevede ancora l’adozione di servizi cloud (solo il 13% ha già avviato esperienze a riguardo) e anche nella Sanità la proiezione al cloud è contenuta (bisogna includere chi dice che lo adotterà in futuro per giungere al 34% delle ASL/AO).