Pixartprinting si racconta in Bocconi
Un mix tra una lezione di imprenditoria e un racconto vivace, trascinante, che stuzzica curiosità. Matteo Rigamonti, fondatore nel 1994 di Pixartprinting è stato il protagonista principale di una tavola rotonda organizzata la scorsa settimana dall’Università Bocconi dal tema: “Rilanciare un mercato maturo, Pixartprinting e la stampa” .
A chiedere il suo intervento è stato alcune settimane fa un ex docente della Bocconi e dello stesso Rigamonti, Giorgio Brunetti. Oggi insieme ad altri professori dell’Università milanese come Giuseppe Berta e Paola Dubini, Brunetti fa parte del centro di Centro di ricerca “Enter – Imprenditorialità e Imprenditori” che ha promosso questa iniziativa e chi si pone come obbiettivo principale quello di sviluppare un peculiare ambito di ricerca focalizzato sulle specificità del capitalismo italiano nei suoi percorsi evolutivi in una prospettiva di medio-lungo periodo e di contribuire al suo sviluppo ai diversi livelli.
L’incontro con la platea di “futuri” imprenditori si è discostato molto dalla classica lezione universitaria dando spazio a suggerimenti e aspetti pratici comuni nella vita di ogni imprenditore, in qualunque settore.
“La crisi ha segnato profondamente il nostro Paese – ha spiegato Matteo Rigamonti – ma già diversi anni fa, nel nostro settore, c’erano tutte le avvisaglie di un mercato profondamente in crisi e pronto a “implodere”. Eccoli in sintesi:
– Per molti anni la domanda è stata superiore all’offerta
– Non c’è stato sviluppo tecnologico
“Supportati da utili in positivo, gli imprenditori si sono in un certo senso seduti su sé stessi. Quando l’Italia è cambiata si sono trovati spiazzati oltre che poco avvezzi al cambiamento”.
– C’è stata, negli anni passati, una vera e propria polverizzazione delle aziende
“ Troppe e troppo piccole – le ha definite Rigamonti – Un esempio su tutti: a Mestre, negli anni ‘90, c’erano 40 tipografie. Oggi forse ce n’è una”.
“E infine non è stata stimolata la cultura imprenditoriale e quindi le aziende non si sono differenziate. Gli imprenditori del settore non hanno saputo gestire bene la comunicazione e non hanno strutturato l’azienda per fornire ai clienti non solo prodotti, ma veri e propri servizi”
Cosa ha rotto l’equilibrio? – ha chiesto Rigamonti.
“In primo luogo la stampa digitale. Mentre prima le arti grafiche erano qualcosa di associato a competenze specifiche, con la stampa digitale è stato sufficiente comprare le macchine e le persone si sono messe a lavorare, senza avere particolari conoscenze. E poi c’è stato il Macintosh. Già nel 1997, quando ancora aveva un prezzo davvero alto (14 milioni) era sicuramente molto più accessibile rispetto alle soluzioni di impaginazione classiche – che si aggiravano su un prezzo medio di 100 milioni.
Nel 2000 – prosegue Rigamonti – il settore ha subito un brusco arresto dovuto principalmente alla difficoltà, da parte dei clienti, di far fronte ai pagamenti. Nello stesso anno, un’azienda che per me è stata illuminante come la Gescom, ha iniziato a cambiare radicalmente il concetto di pubblicità in questo settore, facendo, sulle riviste specializzate, campagne di comunicazione massicce, ben studiate e di successo. Per me è stato lo spunto per capire che dovevo cambiare”.
“Ma le ragioni forti di un cambiamento – ha sottolineato Rigamonti – arrivano solo da se stessi. La verità è che io ero veramente stanco di dovermi confrontare quotidianamente con cattivi pagatori e quindi un giorno li ho cancellati tutti. E sono stato “obbligato” a cercarmene di nuovi. Puntuali.
Li ho trovati col web to print. Che ha portato oggi Pixartprinting ad avere 260 dipendenti, 3800 spedizioni al giorno e un fatturato che nel 2011 ha segnato +42% a fronte di un mercato in cui le imprese, negli ultimi tre anni, hanno registrato un calo degli ordini del 50%”.
Matteo Rigamonti ha evidenziato tutti quegli aspetti che, a suo parere, possono supportare un cambiamento, stilando una sorta di prontuario.
“Fare il passo più lungo della propria gamba a volte può aiutare a dare il meglio, può spronare, far rendere di più le persone e quindi le macchine. Certo – sottolinea – occorre calibrare bene le proprie scelte: negli anni ho conosciuto tanti imprenditori che hanno fatto investimenti non necessari per la propria azienda e non hanno ottenuto buoni risultati. Quello che realmente conta è l’innovazione, intesa non necessariamente come prodotto nuovo, ma come prodotto adattato alle esigenze del contesto. Il prodotto nuovo – ha spiegato Rigamonti – nasconde una certa dose di rischio e di investimento che non è detto si è pronti a sostenere. Far bene gli imprenditori significa anche copiare chi già è sul mercato cercando di dare qualcosa in più, o qualcosa di diverso”.
E poi fare tanta comunicazione curando nel dettaglio la propria immagine, rendendola fresca, innovativa, simpatica. “C’è qualcuno a cui non piace ridere? – ha ironizzato Rigamonti – Ecco noi abbiamo cercato di rendere gradevole la nostra pubblicità, con messaggi efficaci e claim incisivi, che non possono sfuggire al cliente”.
Il cliente.
Rigamonti lo descrive ai ragazzi come un soggetto difficile da conquistare. “Creare un rapporto di fiducia non vuol dire conoscerlo di persona ma, ad esempio, ristampare a costo zero un file che lui stesso ha sbagliato a ordinare. Fiducia vuol dire garantirgli un prodotto finito e consegnato il giorno che desidera lui, all’ora che desidera lui. Fiducia vuol dire una customer care efficiente con un call center di 10 persone dedicato alle problematiche sugli ordini”.
Il fondatore di Pixartprinting ha voluto chiudere la sua lezione con un accenno al concetto di azienda. “L’imprenditore di successo considera la sua azienda con distacco, senza sentimento. Inquadra le situazioni, prende decisioni o fa investimenti solo sulla base di un possibile ritorno economico. Senza questo, nessun investimento è lecito, nessun prodotto, nessun servizio; perché l’azienda è uno strumento per generare utili. Non soddisfa esigenze personali ne deve seguire le sorti di chi l’ha creata o dei suoi figli. Ecco perché lo scorso anno Pixartprinting è stata ceduta ad una società di gestione del risparmio indipendente, il gruppo Alcedo. Questa decisione – conclude Rigamonti – è stata presa pensando in primo luogo alle persone che vi lavorano – a cui è stato garantito il posto di lavoro-, in secondo luogo ai miei figli – lasciati liberi di scegliere -, in terzo luogo a me -che dovevo andare in pensione a 40 anni e sono già in ritardo di sei …