Prosperare tra stampa e packaging, intervista a Antonio Perez, Kodak
Già nella conferenza stampa Antonio Perez (Ceo di Kodak) aveva con fermato il buon andamento del piano di ristrutturazione di Kodak negli USA, e puntato l’attenzione sulle scelte di Kodak, legate a mantenere e incrementare gli investimenti in quei brevetti e in quelle tecnologie definite ‘core’. Su altri brevetti la scelta è quella di non tenerli nel cassetto, ma verificare se vi è interesse da parte di terzi e, nel caso, monetizzare per reinvestire nel ‘core’. La chiacchierata che abbiamo fatto con lui allo stand di Kodak è servita a capire meglio due cose: la passione che Antonio Perez ha verso la stampa, l’estrema fiducia nelle possibilità che questo settore ancora ha anche in un mercato in cui la comunicazione elettronica e online avanzano. La prima domanda è stata: ‘E’ vero che la stampa è morta?’ Da qui una risposta schietta, destinata a far fare autocritica a tutta una filiera (e per una volta non soltanto agli stampatori)
“Parte dell’industria del printing“,esordisce Perez, “ha problemi. Non la stampa. Fondamentalmente quella che ritiene di dover continuare a fare oggi le stesse cose che faceva 150 anni fa. Il valore della stampa non solo continuerà a essere percepito, ma incrementerà la propria presenza e il proprio valore. Si pensi al packaging, allo smart packaging, al functional printing, alla possibilità di dare valore alle pagine con due cose: tempi di rotazione e immediatezza. Con le tecnologie disponibili, ogni cosa che si stampa può essere ‘fresca, aggiornata’, e si può ‘customizzare’. Aggiungendo questi due plus la pagina stampata avrà più valore e continuerà con grande vitalità per ancora molti anni.”
Facciamo il punto sulle tecnologie di stampa
“Pensiamo alla drupa 2008 e a quella di oggi. Il 2008 è stato indubbiamente l’anno di svolta per le ink-jet. Quest’anno ci sono ink-jet ovunque. Nella maggior parte dei casi anche tutte molto simili tra loro, anche in funzione del fatto che il numero di produttori di testine ink-jet non è così ampio. Noi abbiamo sviluppato la Prosper continuo ink-jet, che è una tecnologia diversa da tutte le altre. Le testine di stampa ink-jet lavorano mediamente tra i 25 e i 60 KHz, le nostre per il continuos ink lavorano a 400KHz. Questo ci permette di avere milioni e milioni di gocce al secondo. E con queste milioni di gocce possiamo ottenere velocità e flessibilità. Le dimensioni delle gocce si possono adattare per ottenere i migliori risultati con ogni supporto.”
L’ink-jet sarà il futuro ?
“La tecnologia a inchiostro è perfetta per stampare su supporti di ogni tipo. Le stampanti con processo elettrofotografico, a toner, stampano ‘sulla’ carta. Con la tecnologia ink si stampa ‘nella’ carta, e ciò porta a una maggior flessibilità di risultati. Anche nei costi la differenza è sostanziale. La plastica è sicuramente più cara dell’acqua, e il toner alla fine è plastica, l’inchiostro è acqua. Velocità e costi vanno in favore della tecnologia ink. La stampa elettrofotografica a toner resta comunque una alternativa unica nel caso di lavori speciali. Lo dimostra il modello Nexpress presente in stand su cui è stato montato un modulo per la stampa in oro.”
E l’offset ? E le nanoparticelle ?
“L’ink-jet prenderà maggior spazio proprio andando a far mi grare applicazioni dall’offset al digitale ink-jet. Ma oggi l’offset rappresenta ancora il 90% del volume di stampati. C’è quindi spazio per il digitale, come pure per l’offset che ha comunque caratteristiche che lo ren dono unico. Sulle nanotecnologie posso dire che è un argomento su cui già abbiamo investito da tempo. Al momento nessuno usa nanoparticelle più piccole di quelle che alimentano la stampa fatta con Prosper.”
Come è il vostro modello di business?
“Lo sviluppo tecnologico attorno alle teste di stampa ink-jet è il nostro ‘core’. Abbiamo un grande expertise su questo tema. Non siamo strutturati per essere il vendor in grado di costruire 150 modelli di macchine diverse. Ci sono altri ben più esperti di noi nelle meccaniche e nel trasporto. In tendiamo lavorare con loro per offrire la nostra competenza nella progettazione. A drupa abbiamo più di 40 partner, molti noti , altri ancora non pubblici ma che lo saranno nei prossimi mesi. Di fatto abbiamo tre modelli di business. Il primo sono la produzione e vendita di nostre stampanti, il secondo la progettazione per altri sistemi o produttori (si veda quanto fatto con Timson – ndr), il terzo creare un hybrid market. Quest’ultimo assume via via sempre più importanza. La domanda è altissima come lo dimostra l’andamento del venduto qui a drupa.”
Gli utilizzatori delle vostre tecnologie come vivono l’integrazione nel loro ciclo produttivo?
“Risponderò con un paio di esempi. Ero il mese scorso a parlare con uno stampatore interessato alla Prosper. Nella discussione questo potenziale cliente mi ha segnalato come, per lui, la Prosper risultava una macchina ‘complicata’. Io ho risposto: complicata non so, ‘sofisticata’ di certo. Gli ho raccontato che da giovane vivevo in Spagna e avevo una Fiat. Era una macchina perfetta per me. Ogni tipo di pneumatico andava bene, ogni tipo di benzina andava bene, anzi a mio avviso anche mettendo whisky nel serbatoio avrebbe funzionato. Se avessi avuto una Ferrari non avrei potuto comportarmi così, sarebbero servite gomme qualificate, benzina speciale, forse avrei dovuto fare un corso di guida per guidarla. Ma le prestazioni sarebbero state diverse. Peraltro io mi trovavo bene con una Fiat e non mi interessava se chi guidava la Ferrari era più performante di me. Nel business può andar bene una macchina con cui ci si sente a proprio agio, ma se il competitor compra una Ferrari, allora forse possono nascere problemi.”
“Un altro caso interessante viene dal nostro primo acquirente Prosper negli Stati Uniti. Una azienda di medie dimensioni in South Dakota, specializzata in direct mail. Uno stampatore con molta creatività che ha subito iniziato a inserire Prosper nella sua linea di produzione. Con un problema: alle tre del pomeriggio i lavori erano già terminati. Mi telefonò chiedendomi cosa doveva fare ed io gli risposi di trovare nuovi clienti per il direct mail, cosa che mi disse essere praticamente impossibile visto che la maggior parte del DM del South Dakota era stampato dalla sua azienda. Dopo qualche mese ho scoperto che aveva trovato una soluzione: si era messo a stampare anche cataloghi d’arte. La creatività dunque aiuta chi si cimenta nel digitale… L’industria sta cambiando completamente. Cosa avverrà quando macchine così potenti andranno nelle mani di più stampatori che saprannooffrire nuove idee ai loro vecchi clienti e nuove idee a nuovi clienti ? Anni fa si diceva che i cosiddetti ‘big printer’, i colossi dell’industria grafica, avrebbero probabilmente ucciso i piccoli, facendo leva sulla loro capacità di fare economie di scale, con altissimi volumi, costi bassi ecc. Non sono più convinto che questo possa essere vero. Oggi nessuno potrebbe portare via un cliente di direct mail al nostro stampatore in South Dakota, perché lui conosce i clienti e il mercato, ha macchine potenti in grado di offrire il meglio. E in più la flessibilità della macchina gli permette di aggredire nuovi mercati. Oggi la stampa è un business differente, il pensiero va cambiato di conseguenza. Il limite non è di certo la tecnologia o il device che è installato. Il limite è nel business che si intende costruire, nel marketing che si è in grado di sviluppare.”