Facebook e business, intervista a Luca Colombo
Lo scorso 31 maggio, in occasione di DMARound – evento organizzato da Dma Italia, capitolo italiano della Direct Marketing Association – Giulia Mentore, Digital Communication Director di Weber Shandwick, ha incontrato Luca Colombo, Country Manager di Facebook, per una chiacchierata inerente al famoso social network e alle sue possibilità in ambito business.
Luca, spieghiamo un po’ meglio Facebook, perché in realtà spesso – è un po’ la mia impressione, ma lo colgo abbastanza – tutti pensano di conoscere bene Facebook (le numeriche ci dicono che più di mezza Italia lo frequenta), ma probabilmente non è conosciuto in profondità come immaginiamo. Pertanto io vorrei partire proprio dalle basi, con un ritratto di Facebook focalizzato sull’Italia.
Facebook in Italia: se ne sente parlare tanto, se ne dice tanto. A me piace parlare coi numeri. Prima hai detto che più di metà degli italiani usa Facebook. Nel mondo ci sono 900 milioni di utenti che lo usano almeno una volta al mese. Ossia utenti attivi, non solamente registrati. Più di mezzo miliardo di persone ogni giorno usano Facebook e per me questo è un modo per dimostrare come sia un’azienda tecnologica, tenere in piedi un servizio usato da così tanta gente spesso più volte al giorno è una sfida non indifferente. Detto questo, la sfida attuale è quella di spostarsi sempre più sul mondo mobile (tablet o cellulari) e oggi le cifre dicono che mezzo miliardo di persone una volta al mese come minimo usa Facebook in mobile. Prendo questi numeri per rispondere alla domanda “Ma l’Italia com’è posizionata su questi ambiti?”. Oggi in Italia ci sono 22 milioni di utenti attivi, 14 milioni lo usano ogni giorno. Ricordo che la prima radio in italia ha 7 milioni di ascoltatori. Da qui passiamo al mobile, per chiederci “Il mondo mobile di Facebook in Italia, è in linea, è avanzato o è arretrato rispetto alla media mondiale del mobile di Facebook?”. Tendenzialmente si dice di più, in realtà siamo indietro. Ad esempio, l’Italia ha lo stesso numero di utenti mobile della Spagna (10 milioni), ma quest’ultima ha solamente 17 milioni di utenti Facebook contro i 22 italiani, con pertanto una percentuale ben più alta. La nostra lettura è che ci sono i dispositivi, ma le connessioni sono poco diffuse. Un altro aspetto interessante è: come si posiziona l’Italia secondo il parametro “quanti amici medi ha un utente?”. La media mondiale è di 130 amici per utente; in Italia la media è superiore ai 250 e questo ci posiziona se non al primo posto sicuramente sul podio. E’ un dato molto interessante per chi vuol fare comunicazione in quanto raggiungere una persona può voler dire avere accesso a un pubblico molto più vasto della norma.
Ma parliamo delle persone un po’ più nei dettagli. Qui in sala abbiamo persone che vogliono fare business e vogliono capire come farlo su Facebook. Ma su Facebook sono attivi solo o prevalentemente i ragazzini, come spesso si dice, o la base degli utenti è composta anche da pubblico adulto e quindi ci facciamo business veramente?
Sicuramente c’è una larga fetta di quei 22 milioni composta da ragazzi fra i 12 e i 24 anni; ma il 45% degli utenti ha più di 35 anni ed è in crescita. Secondo i dati Nielsen la fascia a maggior tasso di crescita è quella degli over 65.
Facciamo un altro passo avanti. Li abbiamo convinti ad aprire una brand pagina su Facebook. Quanto è importante? Come un profilo personale o di più?
In generale Facebook cerca per ogni persona di rappresentare la sua vita reale, le sue passioni, i suoi interessi, i luoghi che frequenta. Lavorare con le aziende e far sì che rappresentino la loro realtà è importante per noi, permette agli utenti di esprimere le loro preferenze su questo o quell’altro brand. Certamente c’è ancora una forte resistenza all’andare in rete perché non si vuole affrontare critiche; oppure andare su Facebook è visto da alcuni come un modo per perdere il controllo del proprio brand, che viene utilizzato da chiunque. Per quanto non note al vasto pubblico, le policy di Facebook tutelano le aziende in tal senso, dando modo di prendere possesso di pagine non ufficiali incentrate sul brand.
E quali sono gli strumenti che le aziende possono usare su Facebook per comunicare con questa platea ampia e differenziata?
Questo è un elemento che complica la vita. Cos’è Facebook? Uno strumento per fare advertising? E’ solo una delle molte sfaccettature dell’azienda. Ci sono aziende che usano Facebook per fare customer service, per raccogliere fondi, per tenere le relazioni coi clienti, per costruire community e capire gusti e desideri dei propri clienti. Facebook si definisce una marketing platform, che vuol dire tutto e nulla, non ci sono strumenti “giusti” e strumenti “sbagliati”; non è raro che certi strumenti sviluppati con uno scopo non di marketing finiscano per essere visti da aziende o agenzie come tali. Ad esempio KLM ha sviluppato un servizio di web chek-in per controllare se su un certo volo ci sono i propri amici. Non è un’idea sviluppata internamente, noi abbiamo messo a disposizione le tecniche di programmazione e da questa KLM ha sviluppato il servizio.
Come fate a capire quali sono le opportunità migliori da cogliere, le iniziative da portare avanti, più semplicemente come usare l’advertising su Facebook?
Nel mondo ci sono 3500 dipendenti Facebook. Non siamo tanti, Google ha uno staff di 31.000 persone, Yahoo di 14.000. Per noi è fondamentale lavorare a stretto contatto con i player che creano queste opportunità, tipicamente le agenzie. A livello di advertising le opportunità sono molto semplici: si può fare una campagna in autonomia o appoggiarsi ad agenzie, impostarla a click o a impression. Fatto particolare, Facebook non usa i banner. Ciò crea un certo sconvolgimento e il contenuto della pagina aziendale diventa la pubblicità stessa. In sostanza post=advertising.
Altro elemento che secondo me è fondamentale, la campagna va targettizzata. Si tende troppo spesso a non utilizzare questo elemento chiave nella maniera adeguata, limitando l’efficacia del campagna.
E funziona?
Generalmente sì. Facciamo costanti analisi e ricerche per controllare l’impatto delle campagne, sia a livello globale che a livello locale; recentemente controllando anche il livello di venduto. Ad esempio, una ricerca svolta su una campagna di Nutella in Germania ha evidenziato come la campagna televisiva non fosse in grado di raggiungere una fetta di pubblico che, invece, Facebook raggiungeva.
Sfatiamo un altro mito. O meglio, un altro dubbio che ancora oggi molti clienti hanno: io posso scrivere ai miei utenti, farmi dare il database dei miei contatti? E’ di mia proprietà?
Uno dei valori aziendali è Build the Trust. Perdere la fiducia dei consumatori, degli utenti è la fine di un’azienda come Facebook. Nelle policy è esplicitamente scritto che noi non vendiamo né diamo a terze parti i dati degli utenti.
Le aziende possono sfruttare Facebook e crearsi database, ma solo richiedendo esplicitamente i dati e l’autorizzazione al consumatore. Un anno fa, ad esempio, Nivea ha svolto un’attività di questo genere, per compiere poi un’azione di sending di campioni, tramite un’applicazione a campi parzialmente preimpostati, che l’utente doveva compilare.
Cambiamo ambito e avviciniamoci più al mio day-by-day, facevo pr tradizionali adesso faccio pr digitali e Facebook rappresenta una delle vere possibilità di interazione diretta con i clienti. Quali sono secondo te gli ingredienti fondamentali per fare bene brand engagement tramite Facebook?
Non c’è una vera e propria ricetta ma, sulla base del mio vissuto – che a volte mi ha portato a consigliare, in assenza di risorse e strumenti da dedicare, di non andare su Facebook – gli elementi cardine sono: il contenuto – banale, ma senza non si va da nessuna parte; analytics, interni o di terze parti – comprendere cosa i consumatori vogliono e si aspettano è molto importante per mantenere il contatto con la propria base; promozione – la sola apertura della pagina non genera una visibilità sufficiente, in media un utente vede circa il 16% del contenuto della propria pagina, c’è bisogno quindi di attirare utenti con una campagna.
Restiamo sempre in tema di interazione. Una delle modifiche più recenti nelle brand pages è stata l’inserimento di un tasto che permette agli utenti di dialogare direttamente col brand e al brand di rispondere. Vantaggi, svantaggi, feedback dei brand…
Lo svantaggio è che crea problemi alle aziende che, come dicevo prima, hanno poca attitudine al dialogo così diretto col consumatore. Il vantaggio è che, se fino a ieri il metodo di dialogo era la bacheca, ossia un’area comune, ora è possibile incanalare una comunicazione privata.
In tema di layout, voi cambiate continuamente aspetto delle pagine. Come possiamo restare al passo, cosa ci aspetta?
Un altro dei valori aziendali è “move fast” e a volte lo facciamo fin troppo velocemente. In media il sito di Facebook viene ripubblicato ogni giorno. Un bug da fixare, un nuovo servizio da implementare, ogni giorno c’è qualcosa e abbiamo un gruppo dedicato all’informare delle novità uscite, 4-5 in media al giorno.
Pensi che Facebook in futuro offrirà alle aziende maggiori possibilità di personalizzazione delle pagine oppure la tendenza è quella di offrire un’esperienza uniforme?
Non so rispondere. Nel senso che non so dove saremo fra 6 mesi, so per certo che non saremo dove siamo oggi. Ma nello specifico quali cambiamenti verranno effettuati non lo so dire. Posso dire che, rispetto al passato, le aziende hanno già molta più libertà di intervento sulla pagina; inoltre appare sempre più evidente la crescita del video retelling, dell’uso dei video come strumento primario di comunicazione sulla pagina.
Qualche esempio di pagine che stanno lavorando molto bene?
Una pagina che mi piace molto, che fa quasi da riassunto a quello che abbiamo detto è Red Bull. Il suo punto di forza è che lì i fan interagiscono in maniera drammaticamente più elevata che in altre.
Quanto conta il numero di fan?
Spesso le campagna misurano il proprio successo/insuccesso dal numero di fan raggiunti. Personalmente non sono affatto d’accordo, a meno che l’obiettivo dichiarato della campagna non fosse tale cifra. E’ il brand engagement quello che conta davvero, perché è da lì che nasce il valore, il passaparola, la visibilità.