Istat: 950mila addetti e 4,7 milioni di volontari nel nonprofit
Il 16 aprile si è svolto a Roma il convegno “Il non profit in Italia. Quali sfide e quali opportunità per il Paese”, organizzato dall’Istat per discutere dei dati emersi nel corso del Censimento delle Istituzioni Non Profit.
“I dati del Censimento“, ha sottolineato il Presidente facente funzione dell’Istat, Antonio Golini, “rivelano come il non profit sia il settore più dinamico di tutta la struttura produttiva del nostro Paese”, e come pertanto sia importante capirlo nelle sue diverse sfaccettature.
Poletti: andare oltre il binomio Stato-Mercato
I lavori dell’evento sono stati aperti dal Ministro del Lavoro e del Welfare Giuliano Poletti che ha indicato come il tema proposto dal convegno rappresenti “un’opportunità per dare vigore ad una visione nuova dell’Italia, in cui nessuno sia costretto a stare a casa senza avere niente da fare”. In questo senso “tutte le politiche del governo Renzi dovranno avere come obiettivo lo sviluppo di condizioni che permettano la crescita del protagonismo dei cittadini in qualsiasi forma, sede o momento della vita”. “Se non saremo capaci di costruire strutture sociali e culturali che permettano una nuova interconnessione tra cittadini”, ha affermato Poletti, “il rischio è lo sviluppo di un individualismo ancora più cinico ed egoistico di quello che abbiamo conosciuto negli anni passati, ed è per questa ragione che dobbiamo voler bene al pluralismo delle forme.”
Poletti ha sottolineato come la classica visione binaria Stato-Mercato oggi appaia più che mai inadeguata per affrontare le questioni cruciali che ci troviamo davanti ed è per questo che il governo “è convinto che un’altra strada, una strada di mezzo, già ci sia e si possa percorrere”. Bisogna in questo senso smettere di pensare che il non profit si trovi nel limbo tra Stato e Mercato e abbia il solo compito di rimediare ai fallimenti dell’uno o dell’altro, ma al contrario esso “è una parte costitutiva della società”.
Come sono cambiate le istituzioni non profit
Dopo l’introduzione del ministro Poletti Andrea Mancini, già Direttore del Dipartimento per i Censimenti dell’Istat, ha introdotto la sessione plenaria “Struttura e dinamica del non profit in Italia” presentando alcuni dei principali dati del censimento. Il primo approfondimento di questa sessione è stato curato da Gian Paolo Barbetta, Università Cattolica del Sacro Cuore, Franco Lorenzini dell’Istat e dallo stesso Mancini, che hanno presentato un’analisi relativa ai cambiamenti demografici delle Organizzazione non profit (ONP) avvenuti tra il 2001 – data delle precedenti rilevazioni sul non profit – e il 2011, mettendo a confronto crescita interna, natalità e mortalità delle ONP nei diversi settori di attività e aree territoriali.
Nel 2001 c’erano all’incirca 235mila istituzioni attive, mentre nel 2011 questo numero è arrivato a 302mila. Sottraendo alle ONP nate quelle cessate, ed aggiungendo quelle che non erano state rilevate nel 2001, si scopre che le organizzazioni negli ultimi 10 anni sono sì cresciute notevolmente, ma si sono anche rinnovate moltissimo (il tasso di turnover è pari al 111.6%). E’ questa dinamicità interna alle organizzazioni a rappresentare certamente uno degli elementi più interessanti di cui tener conto.
Sul fronte del personale oggi il non profit da lavoro a 957mila addetti (erano poco più di mezzo milione 10 anni fa). Il dato interessante in questo senso riguarda tuttavia la distribuzione degli occupati: le “organizzazioni storiche”, ovvero le ONP esistenti già nel 2001, impiegano infatti circa tre quarti degli addetti, mentre solo un quarto è impiegato nelle nuove organizzazioni. Negli anni tra il 2001 e il 2011 le nuove organizzazioni paiono non essere state in grado di strutturarsi come le ONP “storiche”, che continuano a impiegare la quota largamente maggioritaria degli addetti. La crescita del personale è pertanto prevalentemente interna alle organizzazioni pre-esistenti il 2001, e il contributo delle nuove istituzioni è rilevante ma non determinante.
Il peso crescente delle partnership pubblico-private
Giovanna Rossi dell’Università Cattolica di Milano ha usato i dati Istat per identificare i processi reticolari che contraddistinguono le istituzioni non profit. Rossi si è concentrata in particolare sulle partnership sociali, ovvero forme di collaborazione emergenti che mettono insieme pubblico, privato e terzo settore per fornire servizi alla persona attraverso lo sviluppo di progetti multidimensionali comuni non perseguibili autonomamente dalla singole realtà.Le istituzioni non profit che attuano partnership sono il 32.2%.
Il non profit tra sfide e opportunità
A conclusione della sessione plenaria Carlo Borzaga, Università degli Studi di Trento, ha moderato una tavola rotonda composta da Pietro Barbieri, portavoce del Forum Terzo Settore, Stefano Zamagni, Università di Bologna, Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e Antonio Tajani, vice presidente della Commissione Europea. La discussione ha prevalentemente riguardato il ruolo che le diverse istituzioni, nazionali ed europee, hanno assunto e potrebbero assumere a sostegno del non profit.
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