Consegna postale a domicilio o caselle comuni? In Canada è scontro
A inizio anno avevamo parlato del lancio, da parte di Canada Post, di un piano di ristrutturazione in cinque punti volto a dare alla società la stabilità economica in cinque anni. Fra i provvedimenti introdotti c’era quello delle caselle postali comunitarie, in sostituzione della classica consegna porta-a-porta. Il piano di passaggio prevedeva di intervenire già nel corso del 2014 in un terzo del paese, ampliando poi il programma all’intera nazione entro il 2019. L’operazione non solo avrebbe portato vantaggi economici a Canada Post, ma avuto anche ben poco impatto sul paese, due terzi delle cui famiglie già utilizzano caselle comuni per ricevere pacchi.
A giudicare dalle reazioni, però, la visione di Canada Post era un po’ troppo ottimistica.
Tanti comuni si sono apertamente ribellati all’idea di perdere un servizio che ritengono fondamentale e parte integrante della vità quotidiana. Il sindaco di Oshawa, Ontario, ha dichiarato che gli operatori postali “sono occhi e orecchie della comunità, che interagiscono ogni giorno coi residenti“, aggiungendo che non si sta parlando di una mera “consegna di una lettera, ma del contributo dato dall’operatore alla vita della comunità“.
Altri sindaci hanno lamentato la mancanza di consultazione da parte di Canada Post prima di prendere una simile decisione, precisando che le caselle comuni, lungi dall’essere un beneficio, portano con sé una serie di spese aggiuntive, a carico dei comuni e quindi dei contribuenti, per renderle raggiungibili in ogni condizione da parte di disabili e anziani. “Non possono prendere una decisione e poi metterci davanti al fatto compiuto, non è democrazia“, ha precisato con forza il sindaco di Oshawa.
Tom Adams, del consiglio municipale di Oakville, ha sfruttato il palcoscenico dell’annuale raduno della Federation of Canadian Municipalities per proporre l’invio di una richiesta di intervento sulla questione da parte del governo federale. La mozione è stata accolta all’unanimità dai presenti. Analoghe iniziative sono state avanzate da molti altri comuni, fra cui spiccano diverse grandi città canadesi – da Toronto a Montreal, da Vancouver a Winnipeg e Hamilton. A inizio giugno oltre 70 città hanno aderito alla protesta, che continua a crescere.
Dal canto suo Canada Post ammette che si tratta di misure drastiche, ma che sono necessarie “C’è in gioco il destino del servizio postale di questo paese, il secondo più grande del mondo e uno dei meno densamente popolati“, affermano le fonti ufficiali dell’azienda.
Un suggerimento conciliante arriva da un rappresentante del consiglio municipale di Edmonton, Mike Nickel: “Invece di buttare via ciò che abbiamo e in cui abbiamo investito, dovremmo cercare un modo per dargli un valore aggiunto“, ha commentato.